domenica 28 dicembre 2008
I veri progetti non si vedono
Il titolo del post che ho messo e un po provocatorio, perché si può intendere in due modi, nel primo modo è che i progetti quelli fatti bene, che riescono ad intervenire sul problema mancano o c'è ne sono pochi, invece nel secondo modo, intendo che i progetti quelli che riescono ad intervenire sul problema non si vedono, nel senso che non si fanno "notare".
Noi parleremo del secondo caso. Ho visto alcuni progetti sull'emarginazione dove è stata fatta pubblicità e se ne è parlato molto, ma dopo di risultati non se ne sono visti.
Invece ho notata alcuni progetti, soprattuto quelli fatti dalle associazioni specie quelle che lavorano insieme ai disabili, che secondo me sono stati efficaci e validi, e non sono stati pubblicizzati (spesso per questi tipi di progetti, per diffonderli nel territorio si usa il passaparola).
Da questa osservazione ho dedotto questo fatto. Poi invece per quanto riguarda il primo modo (i progetti quelli fatti bene, che riescono ad intervenire sul problema mancano o c'è ne sono pochi), ve la lascio come provocazione.
La differenza si fa nel piccolo
Visto che ho già detto alcuni pallini che ho in testa ve ne dico un altro, che secondo me i risultati più significativi si ottengono lavorando sul piccolo e non sul grande.
Vi starete domandando che cosa vuol dire lavorare sul piccolo o lavorare sul grande, nel primo caso intendo tutte quelle azioni semplici che facciamo nella vita quotidiana, ad esempio andare a trovare un amico disabile, oppure essere volontario di una associazione che può lavorare con gli immigrati o con i disabili, invece nel secondo caso sono tutte quelle azioni fatte da enti nazionali di una certa dimensione ad esempio un progetto fatto dalla Regione o dallo Stato sull'emarginazione degli immigrati o dei disabili e così via.
Il rischio di lavorare nel grande è che si riesce ad intervenire in superficie, ma non si riesce ad arrivare in profondità del problema.
Invece lavorando nel piccolo, spesso si parte dal fondo fino ad arrivare in superficie.
L'importanza del contesto sociale
Un altro pallino che ho in testa è l'importanza del contesto sociale, che spesso viene tralasciato.
Il contesto sociale è il complesso di elementi culturali, ideologici, sociologici, economici, che caratterizzano un preciso ambito territoriale, quanti vi abitano e le relazioni che si sviluppano.
Se noi per capire quali fenomeni causano l'emarginazione prendiamo una persona isolata, senza il suo contesto sociale rischiamo di non capire a fondo cosa sta succedendo a quella persona.
Invece grazie all'analisi del contesto possiamo individuare degli elementi aggiuntivi che permettono di entrare sulle dinamiche che stanno attorno a quella persona.
Per dirla facile, a Santa Maria di Sala c'è una situazione diversa da quella di Padova, di Treviso, di Mestre e di altri paesi, e secondo me un progetto contro l'emarginazione fatto con l'analisi del contesto a Santa Maria di Sala non può essere fatto uguale a Padova e negli altri paese, perché ogni territorio a le sue caratteristiche, e c'è il rischio che il progetto fallisce.
venerdì 26 dicembre 2008
Un metodo per trovare informazioni - parte 2
Voglio continuare a parlare dell'intervista narrativa (scusate se insisto), ma per me è molto importante come punto da focalizzare.
Vi voglio fare un esempio; nel 1920 Thomas William e Znaniecki Florian, uttilizzarano l'intervista narrativa, per comprendere le condizione degli immigrati polacchi negli USA, dopo vari tentativi delle amministrazioni locali che non avuto successo.
Grazie a questo tipo d'intervista Thomas William e Znaniecki Florian sono riuscita a recuperare un sacco di informazioni utili, che hanno permesso d'intervenire sul problema in modo adeguato.
Pensate che dopo aver fatto queste interviste hanno scritto un libro "Il contadino polacco in Europa e in America", che ha ben 1764 pagine, pensate quante informazioni sono riusciti a tir fuori, con solo delle semplici interviste.
mercoledì 24 dicembre 2008
Un metodo per trovare informazioni
Invece ho notato che non viene usata, o viene usata in modo limitata l'intervista narrativa, che consiste in questo caso, di trovare delle informazione grazie a delle storie di vita raccontate da alcuni soggetti, che vengono ritenuti dall'intervistatore utile per trovare quel tipo d'informazione che gli serve.
Bisogna dire che il questionario e l'intervista strutturata sono semplici da costruire, sono veloci da fare (una persone risponde in breve tempo), consentono di intervistare un grande numero di soggetti ma non riesce ad andare il profondità e rimane solo sulle questioni superficiali.
Mentre l'intervista narrativa, è impegnativa da costruire, richiede parecchio tempo (un'intervista di questo tipo dura anche delle ore), consente di intervistare un numero ridotto di soggetti, ma permette di andare in profondità, di trovare le cause che hanno provocato l'emarginazione e di focalizzare il contesto dove sono i soggetti coinvolti.
Forse proprio per questi motivi è poco usata, perché richiede fatica e tempo, però consente di avere dei risultati utili per trovare informazioni.
L'immagine qui sopra, rappresenta un esempio di intervista strutturata, dove il soggetto che domanda "what are you doing? - cosa stai facendo? " ottiene una risposta "digging a hole to italy! - io sto scavando un buco in Italia!", però questa domanda non riesce ad ottenere le informazioni, per quale causa sta scavando quel buco, il soggetto poteva chiedere invece "ti posso chiedere che cosa rappresenta?" come avrebbe chiesto una persona che faceva un'intervista narrativa.
lunedì 22 dicembre 2008
L'emarginazione non è un'alternativa
Ho trovato molto interessante l'intervista al Presidente della Camera - Gianfranco Fini al settimanale Metropoli, e vi voglio riportare due passaggi che mi hanno colpito:
"L'emarginazione non è un'alternativa: è una sconfitta. Una sconfitta per tutti, per gli italiani non meno che per gli immigrati: l'emarginazione porta con sé la discriminazione e, se diventa cronica e diffusa, è fattore di disgregazione sociale."
"C'è da combattere anche un'altra forma di emarginazione, anzi di auto emarginazione. E' la tendenza all'isolamento sociale e culturale che agisce in una parte delle comunità di stranieri. E' una pulsione insidiosa e può essere favorita dal "politically correct" più bigotto. Penso al caso di quegli insegnanti che non hanno fatto partecipare i loro alunni alle celebrazioni dello scorso 4 Novembre con l'incredibile motivazione che l'omaggio alla bandiera tricolore avrebbe offeso la sensibilità degli scolari immigrati o a quello, non meno sconcertante, di un professore che ha rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula dell'istituto dove insegna". Insomma, per il presidente della Camera, "il multiculturalismo inteso in senso dogmatico rischia di congelare lo straniero nella sua identità d'origine limitandone le possibilità di incontro e di dialogo."
Voi cosa ne pensate?
sabato 20 dicembre 2008
Il conformismo si il conformismo no è la terra del conformismo
Io riflettendo sulle molte cause che vanno ad incidere sull'emarginazione, mi batte in testa un chiodo fisso, cioè che agisce in maniera più o meno diretta il conformismo sull'isolamento delle persone.
ll termine conformismo indica una tendenza a conformarsi ad opinioni, usi e comportamenti già definiti in precedenza e politicamente o socialmente prevalenti.
In ambito sociale si definisce conformista colui che, ignorando o sacrificando la propria libera espressione soggettiva, si adegua e si adatta nel comportamento complessivo, sia di idee e di aspetto che di regole, alla forma espressa dalla maggioranza o dal gruppo di cui è parte (fonte: wikipedia).
Adesso vi spiego il perché; secondo me ci sono delle persone che emarginano perché non gli piace quella persona o perché non è d'accordo con le sue idee e così via, ed altre persone che emarginano perché sono influenzati dalle altre persone, magari questi soggetti da soli non avrebbero isolato quella persona.
Voi cosa ne pensate di questa mia idea?
giovedì 18 dicembre 2008
Quinto segreto: la vista inganna
Il quinto segreto per mettere in ginocchio l'emarginazione, e capire che la vista inganna. Vi starete chiedendo per quale motivo ho fatto questa affermazione, perché con le varie esperienze che ho fatto mi sono accorto che non tutto quello che vediamo corrisponde alla realtà.
Però io non sto dicendo che le persone che vediamo isolale ed allontanate dagli altri non sono emarginata, ma sto dicendo che molte persone magari dall'esterno sembrano non avere nessun problema, però loro stanno vivendo un dramma in famiglia o dentro di loro che ha comportato un allontanamento dalla società; ad esempio sto pensando ai bambini vittime di violenze. Soprattutto in questi casi sono difficili da farli venire a galla questi problemi.
L'unica cosa che posso dire è che per capire alcune situazioni non basta vederle, ma occorre approfondirle, e anche per la vista come per l'ascolto bisogna avere pazienza, e non avere la fretta di trovare la soluzione.
Perché come diceva un saggio di Santa Maria di Sala: “se vuoi pensate di vedere con gli occhi state sbagliando strada, perché la realtà non si vede ma si vive”.
martedì 16 dicembre 2008
Guardiamo un altro video
Le cose che mi hanno colpito di questo video, sono le foto, che sono molto dirette e provocanti e anche la musica.
domenica 14 dicembre 2008
Quarto segreto: la regola d'oro
Stavo casualmente leggendo la Bibbia, e il mio sguardo si è imbattuto su un brevissimo versetto chiamato la regola d'oro che dice "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro, questa infatti è la Legge ed i Profeti" (Mt 7,12), ed un altro versetto di Tobia che dice "Non fare a nessuno ciò che non piace a te" (Tb 4,15).
Questi due versetti che sono molto famosi mi hanno fatto riflettere ed mi è venuto in mente di pubblicarli, perché se noi applicassimo queste regole nella nostra vita, non ci sarebbe l'emarginazione (ma anche la violenza, la guerra, ecc.), io in questa settimana proverò ad applicarle, e se anche voi volete partecipare ed coinvolgere anche altre persone a questa sorta di esperimento ne sarei molto felice, così alla fine della settimana possiamo anche condividere le sensazioni che abbiamo provato, che ne dite?
Do unto others as you would have them do unto you
venerdì 12 dicembre 2008
Guardiamo un video
Questo è una libera interpretazione di un tema attuale assai doloroso che riguarda tante persone, in questo tipo di società è un pericolo sempre in agguato.
Il video è stato fatto da Giuliano Pietra, è invito ad andare a vedere gli altri video, presente sul suo canale di You Tube.
http://it.youtube.com/user/giulianopietra.
La foto che vedete è di Don McCullin, considerato uno dei più grandi fotografi di guerra del nostro tempo, l'erede di Robert Capa.
mercoledì 10 dicembre 2008
Un vero progetto contro l'emarginazione
Nel settembre 1991 John Bird (nato a Notting Hill, Londra nel 1946, da bambino ha vissuto senza fissa dimora e ha trascorso diversi anni in un orfanotrofio), ha lanciato il "The Big Issue", giornale di strada pubblicato per e venduto da i senzatetto, che ha fatturato 4 milioni di sterline nel 2007 ed ha generato 60 simili spin-off in 20 paesi europei.
Bird è una delle figure più autorevoli della scena dell’imprenditoria sociale nel paese, se non in tutta Europa.
Questo se posso dire la mia idea, è un vero progetto contro l'emarginazione, perchè da una possibiltà a queste persone invisibili.
lunedì 8 dicembre 2008
Vi racconto un'altra storia
A Santa Maria di Sala, c'è un uomo di nome Gianni, un bancario addetto alla formazione dei venditori, famoso per le sue cinque regole che insegnava sia ai venditori e sia ai ragazzi di Santa Maria di Sala: guardate il vostro cliente negli occhi, sorridete, date la sensazione del successo - la gente preferisce aver a che fare con chi ha successo rispetto a chi è fuorigioco, siate entusiasti - l'entusiasmo è contagioso ed infine forzate di assomigliare al vostro cliente, osservatelo, adottate i suoi gesti, il suo atteggiamento, le sue intonazioni, due individui simili entrano in contatto più facilmente, di due individui diversi, la somiglianza non si nota mai, solo la differenza sciocca.
Un giorno mentre stava insegnando le 5 regole ai ragazzi di Santa Maria di Sala, si avvicina per sentire cosa stava dicendo un ragazzo down di nome Giovanni, ed Gianni alla sua vista non riuscì più ad andare avanti, si fermò con la 2 regola, non riusciva più a guardare negli occhi nessuno, e disse: “tutto quello che ho appreso fino ad ieri non è niente in confronto di quello che ho appreso con un solo sguardo di una persona”, e poi se ne andò. Da quel giorno di Gianni non si sa più niente.
Vi faccio una domanda, perché Gianni ha deciso di andarsene e di lasciare tutto?
sabato 6 dicembre 2008
La necessità di una conversione della mentalità
Oggi la necessità di una conversione della mentalità e degli atteggiamenti è più che mai forte, se si pensa che la società è ancora dominata da forme sottili e manifeste, culturali e materiali, di esclusione di tutti coloro che non rientrano nei canoni dominanti. Bisogna riconoscere che il problema è anzitutto culturale. Faticano a crescere una mentalità e una pratica ricche di attenzione, di difesa e di salvaguardia dei diritti di ogni persona.
La battaglia di Franco Basaglia ebbe il senso di una lotta per l’accoglienza della diversità nel mondo della normalità. La chiusura di quei luoghi di sofferenza e di violenta esclusione sociale che erano i manicomi, è stato indicato dall’organizzazione Mondiale della sanità, nel 2003, come “uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale”. Ma la chiusura dei manicomi non era per Basaglia lo scopo finale, bensì, come ha scritto Galimberti, “il mezzo attraverso cui la società poteva fare i conti con le figure del disagio che la attraversano quali la miseria, l’indigenza, la tossicodipendenza l’emarginazione e persino la delinquenza a cui la follia non di rado si apparenta”. Per Basaglia la società doveva innanzitutto accogliere la follia, che prima di essere una malattia, è una condizione umana, e non limitarsi a curarla, e per curarla, isolarla dal mondo umano.
giovedì 4 dicembre 2008
Giornata internazionale delle persone con disabilità
Ieri era la Giornata internazionale delle persone con disabilità, e mi sembrava giusto fare un pensiero anche a loro.
Di solito le persone disabili vivono il problema dell'emarginazione, in questo caso di tipo sociale, forse perché c'è una concezione sbagliata dei disabili, perché il disabili non deve essere visto come un problema, con questa idea non si va da nessuna parte, invece deve essere visto come una opportunità, perché anch'io ho delle abilità in alcuni settori e in altri no, e lo stesso è il disabile.
Di recente è stato modificato il termine da disabili a diversamente abili, per far capire meglio questo concetto.
In occasione di questa giornata, l'ONU ha pubblicato un dato, che mi ha colpito molto: Sono 650 milioni i disabili nel mondo, circa il 10 per cento della popolazione globale.
Vi voglio fare una domanda: Quali problematiche affrontano oggi i disabili nel mondo?
martedì 2 dicembre 2008
Diamo delle definizioni
L'emarginazione si divide in emarginazione sociale e culturale.
Nell'emarginazione sociale viene isolata la persona così com'è, quindi viene allontanata perché non viene accettata la persona nel essere.
Mentre nell'emarginazione culturale vengono isolate le persone che hanno una cultura o delle idee diverse da altre persone, quindi non viene isolata la persone in quanto soggetto, ma in quanto modo di pensare.
Io riflettendo ho ipotizzato un terzo tipo d'emarginazione, l'emarginazione ideologica, che è traversale ai concetti d'emarginazione sociale e culturale.
In poche parole l'emarginazione ideologica, è quando delle persone si fanno delle idee precise di come devono essere le altre persone, e tutto quello che non corrisponde a queste idee viene isolato.
domenica 30 novembre 2008
Terzo segreto: saper ascoltare
Il terzo segreto per mettere in ginocchio l'emarginazione è saper ascoltare, perché le nostre orecchie ci ingannano, e per questo è importante non ascoltare con l'udito ma con il cuore, perché come succede anche a me, non riesco ad esprimere quello che voglio dire (delle volte dico di quello cose, che non so da dove vengono, però le dico), e di conseguenza, quello che mi ascolta non capisce correttamente.
Quindi saper ascoltare e mettersi in relazione con l'altro senza avere pregiudizi, quindi accettare la persone così com'è, e di sentire quello che mi sta dicendo veramente, e per questo ci vuole pazienza.
Quando si parla di comunicazione, si pensa sempre che la cosa più importante sia sapersi esprimere. Ma non è così. L’arte più sottile e preziosa è saper ascoltare. Questo è vero in qualsiasi forma di comunicazione, anche se apparentemente non è un dialogo.
Naturalmente “ascoltare” non significa usare solo l’udito; ma capire ciò che gli altri dicono e quali sono le loro intenzioni.
venerdì 28 novembre 2008
Vi racconto una storia
A Santa Maria di Sala, in seguito ad un'ondata di pessimismo e di persecuzione verificatesi nel XVII e nel XVIII secolo, stava vivendo tempi difficili.
Ormai, nel grande e cadente paese non vivevano che poche centinaia di persone.
Nel fitto bosco che circondava il paese, c'era una capanna che un saggio anziano di un paese vicino (Mazzacavallo) usava di tanto in tanto come eremo.
Un giorno il capo anziano di Santa Maria di Sala, sempre più preoccupato per la situazione del paese, volle recarsi alla capanna, per chiedere consiglio al saggio anziano, che gli disse: “l'unica cose che posso dirti è che il Messia (Gesù) è tra di voi”.
Il capo anziano riferì le strane parole del saggio, e nei giorni, nelle settimane che seguirono gli abitanti del paese riflettevano su quella frase: “Forse il Messia è uno di noi?”
Immersi in questi pensieri, gli abitanti cominciarono a trattarsi tra di loro con straordinario rispetto perché esisteva, pur se remota, la possibilità che il messia fosse con loro.
Dopo qualche tempo, delle persone chiesero di venire a vivere in quel paese; poi un altro e un altro ancora.
Nel giro di pochi anni Santa Maria di Sala ridivene un centro vivo di luce per tutta la regione.
Vi ho dato un motivo per non emarginare.
lunedì 24 novembre 2008
Sentiamo altre idee
Andando in cerca per internet d'informazione ho trovato queste due riflessioni sull'emarginazione.
Tutti gli emarginati imparano giorno dopo giorno dalla nostra società a pensare di essere diversi e inferiori al resto dell’umanità. (fonte: manifesto contro la cultura dell'emarginazione)
L'emarginazione è il frutto di un ‘razzismo spontaneo’ diffuso ovunque, che fa da corollario al ‘bisogno istintivo’ di proteggere valori, credenze e tradizioni della propria comunità, che vengono "minacciati" dal dinamismo socio-culturale, al punto di rifiutare il riconoscimento dei valori altrui. Naturalmente essa implica che le culture siano un finto equilibrio; nella costruzione culturale e’ implicita la "malizia" che giustifica come necessaria l’oppressione. L’emarginazione è la cartina di tornasole del bisogno di conversione della cultura. L’emarginazione è la risposta al fenomeno del non-allineamento (di singoli o gruppi) non comprensiva delle ragioni della differenza né rispettosa della non relatività della dignità umana. (fonte il volontariato online).
Voi siete d'accordo con quello che dicono? E' un'immagine vera della realtà?
sabato 22 novembre 2008
Secondo segreto: emarginare significa fare un torto a noi stessi
Il secondo segreto per mettere i ginocchio l'emarginazione, è capire che isolare altre persone significa fare un torto a noi stessi, quindi posso affermare che chi emargina è un autolesionista, proprio così avete capito bene, adesso vi spiego il perché, facendo un esempio.
Sto pensando alle persone diversamente abili, che di solito sono sostenute quasi interamente dalle loro famiglie, però sono emarginate dalle altre persone.
Le persone disabili, ci possono insegnare molte cose, e posso dire che alcune di queste cose si possono imparare solo da loro, io stesso ho ricevuto di quelle lezioni di vita incredibili, che mi hanno cambiato.
Quindi se noi le allontaniamo facciamo prima di tutto un torto a loro, ma anche facciamo un torto a noi stessi, perché ci priviamo di alcune relazione ed esperienze che non si possono incontrare senza di loro.
Avete capito perché chi allontana altre persone è un autolesionista.
Vi ho dato un motivo per non emarginare.
giovedì 20 novembre 2008
Cause e Effetti sono la stessa cosa
Questo grafico che sono riuscito a trovare in rete, mostra benissimo sia le cause e gli effetti dell'emarginazione, perché come si vede, ad esempio la malattia o la disabilità può essere un effetto ma può essere anche una causa.
Ed è proprio per questo che è difficile capire da che cos'è causate l'emarginazione, perché non si sa se quel fattore è la causa o è l'effetto.
Per questo ritengo opportuno che per capire bene da cos'è stato provocato questo isolamento, bisognerebbe entrare in contatto diretto con la persone disagiata, magari facendoci raccontare la loro storia e le loro varie vicende.
Però ci sono delle cattive alleate come la fretta di risolvere il problema, quindi non permette un contatto vero tra le persone, o come la voglia di dare una soluzione subito, senza ascoltare la persona, con quello che ci vuole dire veramente, perché come accade anche a me, io non vado a raccontare subito tutto, ma piano piano, così permette agli altri di conoscermi meglio e a me di conoscere gli altri meglio.
Quindi abbiate pazienza e ascoltate quello che sta dicendo, non solo quello che esce dalla bocca, ma anche quello che esce da tutto il corpo.
martedì 18 novembre 2008
Primo segreto: la speranza
Oggi da questo blog, noi vogliamo far arrivare a tutti un messaggio di fiducia.
Le cose possono cambiare. Le cose cambieranno. Non c’è rassegnazione che non possa cedere il passo alla speranza. Non c’è paura che non possa essere vinta dalla consapevolezza di sé e dall’apertura agli altri. Non c’è buio dopo il quale non venga la luce.
E allora tornerà a vedersi tutto il meglio. La civiltà di un popolo che sa accogliere ed includere. (tratto da W.V. - Roma - 25 ottobre 2008).
Ci sono alcuni segreti per mettere in ginocchio l'emarginazione, il primo è proprio la speranza, secondo una mia idea, la speranza è il primo sentimento che il bambino prova, addirittura prima di essere partorito, ed è l'ultimo sentimento che proviamo prima di morire, quindi nasciamo sperando e moriamo sperando.
La speranza è la nostra più grande arma che abbiamo, un arma che può fare, anzi fa e farà la differenza, perché alle persone si può portare via tutto (come succede purtroppo in alcuni luoghi), la nostra libertà, la nostra dignità, le nostre certezze, ma la speranza proprio no.
Finché avrò forza di respirare io avrò speranza di un mondo migliore, di un mondo che non isoli, che non allontani, che non odia, che non si chiuda su se stesso.
C'è anche un proverbio che dice "La speranza è l'ultima a morire", quindi speriamo, speriamo e speriamo sempre, le cose possono e devono cambiare.
domenica 16 novembre 2008
C'è bisogno di una legge?
Parlando venerdì sera con alcuni amici, sono venuti fuori dei discorsi molto interessanti, sulla necessità o meno di fare una sulla legge per ridurre il fenomeno dell'emarginazione. La posizione netta di questi discorsi è stata che in alcuni casi dovrebbero essere le leggi dello Stato a prevenire e risolvere certe situazioni. Ma purtroppo in molti casi il rispetto non esiste, la solidarietà nemmeno e le leggi con questi presupposti non possono che fallire il loro scopo.
Le leggi da sole non sono in grado di garantire all’individuo il rispetto della sua dignità. Hanno bisogno della nostra solidarietà, che è un sentimento abbastanza raro.
Quindi prima di fare una legge per prevenire l'emarginazione è necessario un cambiamento della nostra mentalità. E in primo luogo siamo noi che dovremmo iniziare a cambiare, la legge è il passo successivo.
Invece secondo voi: è necessaria una legge per ridurre il fenomeno dell'emarginazione? O prima è necessario un cambiamento della nostra mentalità?
Fatemi sapere, basta lasciare un commento.
mercoledì 12 novembre 2008
Mondo Marcio ci vuole dare una mano
Mondo Marcio con la sua canzone del 2004 tratta dall'album Mondo Marcio “Tieni duro”, ci vuole dare una mano, dando una sua idea d'emarginazione.
Prendo spunto dal ritornello della canzone: “tieni duro perché dovrai lottare perché il mondo non sa che tu ci sei”, è proprio questa è una buona definizione di emarginazione, quindi ci fa capire che non è solo un isolamento, ma è anche una lotta, una lotta molto dura.
In un altra parte della canzone dice “di un marcio che ora dorme in un fosso, e ancora non ha capito perché il mondo gli è andato addosso, troppo rosso per terra, troppo scuro in cielo, meno scuro se accendo un cero”, qui invece ci fa capire una cosa molto importante che è quella che queste persone emarginate si stanno domandando perché sono state isolate. E se lo domandando con molta insistenza, e stanno aspettando qualcuno che gli dia una mano per uscire da questo tunnel, un gesto, una parola gentile e un invito ad unirsi ad altre persone.
Infine nella parte finale della canzone Mondo Marcio dice, “mentre i più poveri chiedono soldi agli affamati, siamo condannati al suolo, e vogliamo spiccare il volo, e per questo ogni uomo sta solo”, ci sta dicendo che gli emarginati domandano aiuto ad altri emarginati, perché vogliono uscire da questa situazione, ma non ce la fanno, sono costretti a restare isolati, ed è qui che noi possiamo intervenire, andandogli incontro e prendendoli per mano per aiutare ad uscire dalla solitudine.
domenica 9 novembre 2008
Nessuna risposta ma solo domande
Ci sono delle domande che mi faccio spesso: Perché si emarginano le persone? Quali sono i motivi? Se si è sempre emarginato da quando l'uomo esiste, o è solo un problema della nostra società contemporanea?
Io sto facendo una piccola ricerca per cercare di rispondere a queste domande, ma finora ho trovato pochi indizi e risposte. Però se intanto voi, volete aiutarmi a rispondere a queste domande, io ve ne sarei molto grato, basta lasciarmi un commento.
venerdì 7 novembre 2008
Il filo logico
Sicuramente vi starete domandando con molta ansia e addirittura stando svegli la notte per capire che senso abbia questa mia decisione, perché ad esempio come succede per la psicologia, prima si studia la storia, poi le varie teorie ed infine si arriva ai discorsi pratici, io seguirò lo stesso schema. Perché per capire meglio l'emarginazione prima bisogna capire due o tre concetti piuttosto importanti che di soliti vengono ignorati. Quindi abbiate pazienza e riposate pure sereni alla notte.
mercoledì 5 novembre 2008
Oggi inizia il cambiamento
Oggi con la vittoria alle elezioni Americane del Presidente Barack Obama, è iniziato un grande processo di cambiamento.
All'inizio quando Barack si era presentato come candidato nessuno lo dava per vincitore, ma Obama ha fatto vedere che tutto è possibile, e se si ha un sogno lo si può raggiungere.
Quindi con questa nuova forza di cambiamento che si sente nell'aria, possiamo noi tutti assieme eliminare l'emarginazione nel nostro pianeta, per fare questo però bisogna volerlo.
WE WONT CHANGE - YES WE CAN
lunedì 3 novembre 2008
Diamo una definizione di emarginazione
Si parla di emarginazione quando esiste una situazione di esclusione nei confronti di una persona o di un gruppo sociale dai normali rapporti personali e civili. (Wikipedia)
Relegare ai margini, escludere dalla vita della collettività. (Dizionario Garzanti)
Messo ai margini della vita sociale. (Dizionario Zanichelli)
Situazione di esclusione in cui alcune persone vengono a trovarsi per motivi economici, sociali, culturali. (Dizionario Hoepli)
Ho provato io a dare una definizione di emarginazione: è quella situazione quando una o più persone vengono isolate o escluse da altre persone per vari motivi.